IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  2477/90
 proposto dal dott. Ulderico Bisegna, rappresentato e difeso dall'avv.
 Giovanni Di Gioia, presso il cui studio e' elettivamente  domiciliato
 in  Roma,  piazza  Mazzini  n.  27,  contro  il Ministero di grazia e
 giustizia, in persona del  Ministro  pro-tempore,  il  Ministero  del
 tesoro  in  persona  del  Ministro  pro-tempore e l'Ente nazionale di
 previdenza ed assistenza per i dipendenti dello Stato,  rappresentati
 e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, per:
      1)  l'annullamento  del provvedimento dell'E.N.P.A.S. in data 14
 maggio 1990, con il quale  nei  confronti  del  ricorrente  e'  stato
 disposto il recupero della somma di L. 43.289.275 sulla indennita' di
 buonuscita;
      2)  l'annullamento  di  tutti  gli  atti presupposti, connessi e
 conseguenziali tra i quali il  provvedimento  della  P.P.T.  di  Roma
 dell'11  aprile 1990, il provvedimento dell'E.N.P.A.S.  del 28 luglio
 1989, i provvedimenti del Ministero  di  grazia  e  giustizia  il  15
 aprile  1985, 1º luglio 1985, 8 ottobre 1985 e 25 novembre 1986 con i
 quali da un lato sono state determinate le somme dovute al ricorrente
 in base al giudicato derivante dalla decisione del Consiglio di Stato
 Ap.  16  dicembre  1983,  n.  27  e  dall'altro  e' stato disposto il
 recupero delle somme stesse ai  sensi  dell'art.  10,  secondo  comma
 della legge n. 425/1984;
      3)  la  declaratoria  del  diritto del ricorrente ad ottenere la
 conservazione degli aumenti  periodici  figurativi  attribuiti  dalle
 decisioni  n.  27/83  ai fini della determinazione del trattamento di
 fine rapporto e di quiescenza;
      4)  la  declaratoria  del  diritto  ad  ottenere  l'attribuzione
 definitiva  delle  somme  dovute  per differenze di stipendio in base
 alla decisione n. 27/83 al lordo  di  ritenute  a  favore  del  fondo
 pensioni;
      5)  la  declaratoria  del  diritto  ad  ottenere  l'attribuzione
 definitiva della rivalutazione  monetaria  e  degli  interessi  sulle
 predette   differenze   degli  interessi  sulle  predette  differenze
 stipendiali calcolati sulla base degli indici I.STAT. fino alla  data
 dell'effettiva   corresponsione  di  tali  differenze  stipendiali  e
 computati con riferimento agli importi  dovuti  al  lordo  sia  delle
 ritenute fiscali che di quelle previdenziali ed esenti essi stessi da
 tali ritenute;
      6)   la   declaratoria   del  diritto  ad  ottenere  il  computo
 dell'indennita' integrativa speciale  ai  fini  della  determinazione
 dell'indennita'  di buonuscita, nonche' della rivalutazione monetaria
 ed  interessi  per  il  ritardo  nella  liquidazione   della   stessa
 indennita';
      7)  la  declaratoria  del  diritto ad ottenere la riliquidazione
 dell'indennita' di buonuscita in base al nuovo trattamento  economico
 spettantegli  in  virtu' delle sentenze n. 27/1983 con condanna delle
 amministrazioni al pagamento in favore del ricorrente delle  maggiori
 somme  dovute,  oltre  rivalutazione monetaria ed interessi calcolati
 secondo i criteri suesposti;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio delle amministrazioni in-
 timate;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle  rispettive
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Uditi  alla  pubblica udienza del 5 dicembre 1991 la relazione del
 consigliere Franco Bianchi e uditi, altresi',
 l'avv. Di Gioia per il ricorrente e l'avv. dello Stato Linda  per  le
 amministrazioni resistenti;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    Con  ricorso  (n.  2477  del  1990) notificato il 6 luglio 1990 il
 dott. Ulderico Bisegna ha adito questo tribunale per ottenere:
      1) l'annullamento del provvedimento dell'E.N.P.A.S. in  data  14
 maggio  1990  con  il  quale  nei  confronti  del ricorrente e' stato
 disposto il recupero della somma di L. 43.289.275 sulla indennita' di
 buonuscita;
      2) l'annullamento di tutti  gli  atti  presupposti,  connessi  e
 conseguenziali,  tra  i  quali  il provvedimento della D.P.T. di Roma
 dell'11 aprile 1990, il provvedimento dell'E.N.P.A.S. del  28  luglio
 1989  ed  i  provvedimenti  del Ministero di grazia e giustizia il 15
 aprile 1985, 1º luglio 1985, 8 ottobre 1985 e 25 marzo  1988  con  il
 quale da un lato sono state determinate le somme dovute al ricorrente
 in base al giudicato derivante dalla decisione del Consiglio di Stato
 Ap.  16  dicembre  1983,  n.  27  e  dall'altro  e' stato disposto il
 recupero delle somme stesse ai  sensi  dell'art.  10,  secondo  comma
 della legge n. 425/1984;
      3)  la  declaratoria  del  diritto del ricorrente ad ottenere la
 conservazione degli aumenti  periodici  figurativi  attribuiti  dalle
 decisioni  n. 27/1983 ai fini della determinazione del trattamento di
 fine rapporto e di quiescenza;
      4)  la  declaratoria  del  diritto  ad  ottenere  l'attribuzione
 definitiva  delle  somme  dovute  per differenze di stipendio in base
 alle decisioni n. 27/1983 al lordo di ritenute  a  favore  del  fondo
 pensioni;
      5)  la  declaratoria  del  diritto  ad  ottenere  l'attribuzione
 definitiva della rivalutazione  monetaria  e  degli  interessi  sulle
 predette   differenze   degli  interessi  sulle  predette  differenze
 stipendiali calcolati sulla base degli indici I.STAT. fino alla  data
 dell'effettiva   corresponsione  di  tali  differenze  stipendiali  e
 computati con riferimento agli importi  dovuti  al  lordo  sia  delle
 ritenute fiscali che di quelle previdenziali ed esenti essi stessi da
 tali ritenute;
      6)   la   declaratoria   del  diritto  ad  ottenere  il  computo
 dell'indennita' integrativa speciale  ai  fini  della  determinazione
 dell'indennita'  di buonuscita, nonche' della rivalutazione monetaria
 ed  interessi  per  il  ritardo  nella  liquidazione   della   stessa
 indennita';
      7)  la  declaratoria  del  diritto ad ottenere la riliquidazione
 dell'indennita' di buonuscita in base al nuovo trattamento  economico
 spettantegli  in  virtu' della sentenza n. 27/1983 con condanna delle
 amministrazioni al pagamento in favore del ricorrente delle  maggiori
 somme  dovute,  oltre  rivalutazione monetaria ed interessi calcolati
 secondo i criteri suesposti.
    Premette il ricorrente - magistrato dell'ordine giudiziario  -  di
 aver  ottenuto  con  sentenza  del  Consiglio  di Stato Ap. n. 27 del
 dicembre 1983 la declaratoria del diritto ad ottenere  l'applicazione
 della  disciplina degli aumenti periodici di stipendio prevista per i
 magistrati della Corte dei conti dell'art. 5 del d.P.R. n.  1080/1970
 e    dalle   norme   ivi   richiamate,   con   conseguente   condanna
 dell'amministrazione  al  pagamento  delle  maggiori  somme   dovute,
 comprensive di interessi e rivalutazione monetaria.
    Con successiva decisione del Consiglio di Stato, quarta sezione 15
 febbraio  1985,  n.  50, in accoglimento del ricorso per l'esecuzione
 del giudicato di  cui  alla  predetta  sentenza  n.  27/1983,  veniva
 dichiarato  l'obbligo  dell'amministrazione di corrispondere le somme
 dovute.
    A cio' provvedeva, con atti in data 15 aprile 1985, 6 maggio  1985
 e  1º  luglio  1985,  il  Ministero  di  Grazia  e Giustizia che, pur
 attribuendo il nuovo trattamento economico, disponeva sul contempo il
 recupero delle somme erogate.
    Detti provvedimenti venivano impuganti dal ricorrente  davanti  al
 t.a.r.  Lazio,  che  in  accoglimento  della  domanda  incidentale di
 sospensione  degli  stessi,  con  ordinza  13  gennaio  1986  n.  21,
 disponeva la sospensione del disposto recupero.
    Successivamente  al  collocamento  a  riposto  del ricorrente, per
 limiti di eta', avvenuto il 24 gennaio 1989, il Ministero di Grazia e
 Giustizia  e  l'ENPAS  dipsonevano  il  recupero  sull'indennita'  di
 buonuscita  della  somma  di  L.  43.289.275  erogata  per differenze
 stipendiali relative al periodo 1º luglio  1979  -  30  giugno  1983,
 rivalutazione monetaria interessi e spese di giudizi.
    L'operato  dell'Amministrazione  e'  ritenuto  illegittimo  per  i
 seguenti motivi:
    I) Violazione dell'ordinanza del t.a.r. Lazio, I Sez. gennaio 1986
 n. 21 in relazione alla  legge  n.  1034  del  1971  ed  ai  principi
 generali vigenti in materia. Eccesso di potere per illogicita' errata
 valutazione    di   presupposti,   contraddittorieta',   difetto   di
 motivazione, in quanto i provvedimenti con i quali era stato disposto
 il recupero delle somme erogate a favore del ricorrente in esecuzione
 della decisione dell'Ap. del Consiglio  di  Stato  n.  27/1983  erano
 stati  sospesi  dal  t.a.r.  del  Lazio  con  l'ordinanza in epigrafe
 citata, sicche' nello spazio  intercorrente  fino  alla  pronuzia  di
 merito,  neppure  recupero  poteva  essere  efettuato  a  carico  del
 ricorrente.
    II) Violazione dell'art. 10, secondo comma legge n. 425 del 1984 e
 dei principi generali vigenti in  materia.  Eccesso  di  potere,  per
 illogicita',   errata   valutazione   di   presupposti,   difetto  di
 motivazione. Illegittimita' derivata.
    La norma richiamata in epigrafe prevede il  riassorbimento  e  non
 gia'  il recupero delle somme erogate ai predetti titoli, sicche' non
 poteva nella specie, l'Amministrazione dipsorre l'integrale  recupero
 delle  somme  corrisposte  al  ricorrente  in  esecuzione  del citato
 giudicato.
    Il recupero potrebbe in ogni caso riguardare  le  sole  differenze
 stipendiali  corrisposte e non anche la rivalutazione monetaria e gli
 interessi  i  quali  costituiscono  elementi  accessori  aventi  mera
 funzione  di  conservazione del valore delle somme dovute rispetto al
 momento dell'effettiva corresponsione.
    III) Violazione dell'art.  1  della  legge  n.  324  del  1989  in
 relazione  agli  artt.  3  e  38  del  decreto  del  Presidente della
 Repubblica n. 1032 del 1973 ed all'art. 22  legge  n.  16  del  1975,
 dovendo  l'Amministrazione  determinare  l'indennita'  di  buonuscita
 spettante al  ricorrente  computando  anche  l'indenita'  integrativa
 speciale ed inoltre la rivalutazione monetaria e gli interessi.
    Per  questi  motivi  l'istante  ha chiesto al tribunale di volere,
 previa  adozione  di  idonei  provvedimenti  cautelari,  annullare  i
 provvedimenti   impugnati   ad   accogliere   le  pretese  economiche
 specificate in epigrafe, con tutte le conseguenze di legge, anche  in
 ordine alle spese, competenze ed onorari.
    Con  successiva memoria, il ricorrente ha illustrato ulteriormente
 tutti i motivi di ricorso, rilevando in  subordine  che  il  recupero
 poteva  semmai  riguardare  le differenze stipendiali corrisposte, ma
 non gia' la rivalutazione monetaria e gli  interessi  ed  inoltre  il
 recupero doveva riferirsi agli importi erogati al ricorrente al netto
 delle   ritenute   fiscali   e   contributive   e   non   gia'   come
 illegittimamente disposto, al lordo di tale ritenute.
    Per resistere all'impugnativa, si sono costituiti in  giudizio  le
 intimate  Amministrazioni  le  quali  hanno  confrontato  i motivi di
 ricorso, di cui hanno chiesto  il  rigetto  con  ogni  conseguenziale
 pronuncia anche in ordine alle spese.
    Alla  pubblica  udienza  del  5  dicembre 1990 dopo la discussione
 orale, la causa e' stata assunta in decisione.
                             D I R I T T O
    Sono  oggetto  del  giudizio  -  fra  l'altro  -  i  provvedimenti
 (specificato  nella  relazione  in fatto) con i quali il Ministero di
 Grazia ed Giustizia e l'ENPAS  disposto  ed  effettuato  il  recupero
 sull'indennita' di buonuscita (corrisposta al ricorrente, collocato a
 riposo  per  i  limiti  di eta' il 24 gennaio 1989) della somma di L.
 43.289.275 attribuitegli in esecuzione del giudicato (nascenete dalla
 decisione del t.a.r. Lazio  I  sez.  4  luglio  1984  n.  599  e  del
 Consiglio  di  Stato,  IV  sez.  13  marzo  1989  n.  166,  che aveva
 dichiarato applicabile - in favore di  tutti  i  magistrati  e  degli
 avvocati  e  procuratori  dello  Stato  - la disciplina degli aumenti
 periodici di stipendio originariamente prevista per i soli magistrati
 della Corte dei conti dall'art. 5 del decreto  del  Presidente  della
 Repubblica n. 1080 del 1970.
    Il  recupero  di  cui  alla  controversia  -  relativo  alle somme
 spettanti in applicazione del predetto giudicato per  il  periodo  1º
 gennaio  1979-30  giugno  1983 - e' stato disposto ai sensi dell'art.
 10, secondo comma, legge 6 agosto 1984 n.  425  recante  disposizioni
 sul trattamento economico dei magistrati.
    E'   pregiudiziale   ad  ogni  altra  pronuncia  la  questione  di
 costituzionalita' che il Colleggio - d'ufficio  -  intende  sollevare
 nei   riguardi   della   predetta  norma,  la  cui  conformita'  alla
 Costituzione  appare  seriamente   sospetta,   avuto   riguardo,   in
 particolare, agli artt. 3, 24, 25, 70, 101, 102, 108 e 113.
    E'  noto  che la questione di che trattasi non e' nuova, avendo la
 Corte  Costituzionale,  su  plurime  ordinanze  di   remissione   dei
 tribunali  amministrativi  regionali,  spcificamente  esaminato  (con
 sent. n. 413 del 7 aprile 1988) la norma di cui all'art. 10,  secondo
 comma  legge  6  agosto  1984  n. 425, ritenendola conforme a tutti i
 parametri costituzionali sopra richiamati, in riferimento ai quali  i
 giudici a quibus avevano sollevato la questione.
    Con  una  prospettazione  volta  ad evidenziare nuove implicazioni
 derivanti dall'applicazione della predetta norma, la sezione  ritiene
 ora   di   dover   riproporre   la  questione  di  costituzionalita',
 persistendo  aspetti  non  ancora  esaustivamente   esplorati   circa
 l'effettiva portata dispositiva della norma.
    Come e' noto, antecedentemente alla legge n. 425 del 1984, recante
 disposizioni  in  ordine  al  trattamento  economico  dei  magistrati
 ordinari, amministrativi, contabili e militari  e  degli  avvocati  e
 procuratori    dello   Stato   si   era   formato   un   orientamento
 giurisprudenziale dei giudici amministrativi di  primo  grado  e  del
 Consiglio di Stato (cfr. per tutte, la decisione dell'Ap. 16 dicembre
 1983  n.  27)  che,  ispirato  alla  unitarieta'  ed  uniformita' del
 trattamento economico  delle  categorie  magistratuali  e  di  quelle
 equiparate,  aveva  - in sostanza - riconosciuto in favore di tutti i
 magistrati indistintamente, la spettanza della speciale indennita' di
 cui all'art. 3 della legge 19 febbraio 1981  n.  27,  originariamente
 attribuita,  secondo  il  dettato  letterale  della  norma,  ai  soli
 magistrati  ordinari  ed  esteso  inoltre  ugualmente  a   tutte   le
 categorie, la disciplina degli aumenti periodici di stipendio dettata
 per  i  soli magistrati della Corte dei conti dall'art. 5 decreto del
 Presidente della Repubblica n. 1080 del 1970.
    L'anzidetto  quadro  normativo  -  univocamente interpretato dalla
 giurisprudenza nel senso teste' ricordato  -  si  e'  modificato  con
 l'emanazione  della legge n. 425 del 1984 il cui art. 1, primo comma,
 (con valore di interpretazione autentica) chiarisce che  la  speciale
 indennita'  ex  legge  n. 27 del 1981 compete, antecedentemente al 1º
 gennaio 1983 - data dalla quale  ne  viene  disposta  l'estensione  a
 tutti  - solo ai magistrati dell'ordine giudiziario. Il secondo comma
 dello stesso art. 1 (anch'essa norma interpretativa)  afferma  a  sua
 volta  che  i  particolari  criteri  di  calcolo  degli  aumenti  per
 anzianita' originariamente previsti per i soli magistrati della Corte
 dei conti, debbono essere in effetti applicati solo a questi  ultimi.
 Tale criterio di calcolo viene, tuttavia abolito (art. 3) anche per i
 predetti  magistrati  contabili,  a  decorrere  dal  1º luglio 1983 e
 sostituiti,  per  tutti,  con  un  nuovo  criterio  di   progressione
 economica,  articolato  in  otto classi biennali del 6% ed in aumenti
 biennali del 2,50%.
    Della legittimita' costituzionle di queste  norme  interpretative,
 e'  stata  nuovamente investita la Corte, sospettandosi, da parte dei
 giudici  remittenti,  della   conformita'   di   un   intervento   di
 interpretazione  autentica,  diretto ad imporre, in giudizi pendenti,
 una soluzione  contrastante  con  i  precedenti  giurisprudenziali  e
 sfavorevoli  ad  una uniformita' di trattamento retributivo fra tutte
 le categorie magistratuali ed equiparate  (cons.  Stato,  IV  sez.  4
 febbraio 1988, n. 22; t.a.r. Brescia 14 novembre 1987, n. 957).
    Siffatta  questione  di  illegittimita'  costituzionale  - tuttora
 pendente  -  e'  scaturita,  in  sostanza,  da   una   pronuncia   di
 incostituzionalita'  emessa  dalla  Corte, dell'art. 10, primo comma,
 legge n. 425 del 1984 il quale, disponendo l'estinzione d'ufficio dei
 giudizi pendenti in qualsiasi stato e grado si trovino alla  data  di
 entrata  in  vigore della legge stessa, precludeva, con cio' violando
 l'art. 24 della Costituzione, al giudice di  merito  di  pronunciarsi
 sulle  controversie relative al trattamento economico dei magistrati,
 cosi'  come  prefissato  dalle  ricordate  norme  interpretative  del
 diritto previgente (Corte costituzionale 10 aprile 1987, n. 123).
    Sull'art.  10,  secondo  comma,  della legge n. 425 del 1984 - che
 interessa il presente giudizio - necessita ora soffermarsi.
    La  norma  in  questione  recita  testualmemte:  "Gli  importi   a
 qualsiasi titolo erogati o da erogare al personale previsto dall'art.
 3  della  presente  legge  in  esecuzione di provvedimenti giudiziari
 passati in giudicato, rimangono attribuiti a titolo personale e  sono
 riassorbiti con la normale progressione economica e nelle funzioni ed
 inoltre,   se   necessario,  operando  le  conseguenti  detrazioni  a
 conguaglio a carico dell'indennita' di buonuscita".
    Nella pronucia della Corte, soprarichiamata (n. 413 del  1988)  si
 legge  che  in  tale  norma"..  ..  ..  non  e'  configurabile ne' lo
 svuotamento del contenuto  economico  del  giudicato,  ne'  l'impiego
 della  funzione  legislativa  per  invadere  l'ambito riservato dalla
 Costituzione all'attivita' giudiziaria, in quanto  la  norma  stessa,
 funzionale alla generale finalita' perequativa perseguita dalla legge
 n.  425  del  1984  per  tutti i magistrati mira ad eliminare, con il
 meccanismo della gradualita'  temporale  proprio  del  riassorbimento
 nella  progressione  economica,  esiti  privilegiati  di  trattamento
 economico riporduttivo di disparita' non tollerabili  nel  quadro  di
 intenti costituzionali legittimi della volonta' legislativa".
    Un  approfondimento  della questione deve muovere dalla situazione
 reale prefigurata della stessa legge n. 425 del 1984 sul  trattamento
 economico  dei  magistrati,  cosi' come risultante in vigore, dopo le
 pronunce correttive della Corte Costituzionale.
    Il trattamento economico dettato per tutti i magistrati sulla base
 di un nuovo meccanismo retributivo e' in vigore dall'1º luglio  1983.
 Messo  a  raffronto  con  quello previgente, determinato, in ipotesi,
 anche a seguito di provvedimenti giudiziali passati in giudicato,  e'
 ipotizzabile  che  esso risulti inferiore o superiore a quest'ultimo.
 Nessuna implicazione lesiva si verifica,  per  entrambi  i  casi  per
 l'interessato  il  quale  dal  1º luglio 1983, ha comunque diritto di
 conservare il trattamento precedente piu' vantagioso sotto  forma  di
 assegno   personale  pensionabile  e  riassorbibile  con  la  normale
 progressione economica pari alla differenza fra le due  retribuzioni.
 L'art.  8  della  legge  n.  425  cit.  assicura,  infatti, tale sito
 conservativo attraverso lo strumento tipico del "riassorbimento", che
 consiste  nel  mantenere  il  trattamento  economico  raggiunto  piu'
 elevato  di  quello  stabilito da una disciplina sopravvenuta, con il
 congelamento della progressione economica fino al momento in cui  gli
 incrementi   retributivi   derterminano   la  parificazione  dei  due
 trattamenti. Di talche', per il  periodo  succcessivo  al  1º  luglio
 1983,  l'eventuale  provvedimento  giudiziale  che abbia, in ipotesi,
 concorso  a  determinare  un  maggior  trattamento  economico   viene
 salvaguardato nei suoi effetti sostanziali, che continuano a prodursi
 per l'interessato grazie al riassorbimento ( ex art. 8 cit.).
    Altrettanto  non puo' dirsi per il periodo precedente al 1º luglio
 1983, vale a dire per il periodo che va dal 1º gennaio  1979  a  tale
 data,  cui  si  riferiscono  i  giudicati  di cui trattasi, in quanto
 l'art.  10,  secondo  comma,  legge  n.   425   del   1984,   dettato
 espressamente  per  tale  lasso  temporale,  impone che gli importi a
 qualsiasi  titolo  erogati  in   esecuzione   di   giudicati,   siano
 riassorbiti con la normale progressione di carriera o nelle funzioni,
 operando  le conseguenziali detrazioni anche a carico dell'indennita'
 di buonuscita.
    Gli effetti di tale norma, letta nel combinato disposto  dell'art.
 8  cit.,  appaiono  profondamente  diversificati  a  seconda  che  il
 giudicato abbia  determinato  al  1º  luglio  1983  una  retribuzione
 maggiore  o inferiore rispetto a quella (nuova) derivante dalla legge
 n. 424 del 1984. Nel primo caso, l'interessato, per il periodo  post.
 1º   luglio  1983,  fruisce  di  tutti  gli  effetti  favorevoli  del
 giudicato,  conservando  l'assegno  ad  personam,  finanche  a   fini
 pensionistici  - se necessario - mentre, contraddittoriamente, per il
 periodo ante 1º luglio  1983,  gli  importi  percepiti  ex  giudicato
 dovranno essere interamente recuperati anche a carico dell'indennita'
 di buonuscita.
    Nel  caso di trattamento economico ex giudicato inferiore a quello
 ex legge n. 425/1984 - come nel caso dell'attuale ricorrente - non e'
 applicabile l'art. 8, perche' non  vi  e'  l'esigenza  di  attribuire
 all'interessato,  per  il  periodo post. 1º luglio 1983, l'assegno ad
 personam, ma soltanto  l'art.  10,  secondo  comma,  della  legge  n.
 425/1984, attraverso il recupero delle somme corrisposte, utilizzando
 sia  il  meccanismo  del  riassorbimento  con la normale progressione
 economica e nelle funzioni, sia il recupero vero e proprio  a  carico
 dell'indennita' di buonuscita.
   E'  agevole scorgere, nell'effettiva portata precettiva della norma
 succitata un sostanziale svuotamento  del  giudicato  correlato  alla
 circostanza che, laddove quest'ultimo abbia attribuito un trattamento
 economico risultante al 1º luglio 1983 inferiore a quello determinato
 ex  legge  n.  425/1984,  nessun  assegno  personale  ( ex art. 8) va
 riconosciuto all'interessato che e' tenuto, tuttavia (  ex  art.  10,
 secondo comma) a restituire con il sistema del riassorbimento e della
 detrazione  sull'indennita'  di  buonuscita  le  somme  percepite  ex
 giudicato.
    Invero, non e' agevole nemmeno  comprendere  come,  nella  specie,
 possa operare lo stesso meccanismo del riassorbimento (previsto dalla
 predetta  norma)  il  quale,  come  e'  noto, e' volto a mantenere un
 trattamento  economico  piu'  elevato  di  quello  stabilito  da  una
 disciplina   sopravvenuta  con  il  congelamento  della  progressione
 economica  fino  al  momento  in  cui  gli   incrementi   retributivi
 determinano  la  parificazione  dei due trattamenti. Ma nella specie,
 non ricorre tale  presupposto  e  ciononostante  l'art.  10,  secondo
 comma,  cit.  vuole  che  le somme corrisposte " ex giudicato", siano
 "riassorbite".
    Non e' nemmeno agevole scorgere la finalita' perequativa di  detta
 norma  che,  anzi,  appare  nella  sua concreta applicazione, tale da
 operare  concretamente  in  misurta  diversificata  a  seconda  delle
 ipotesi  verificabili,  incidendo,  conseguentemente,  altrettanto in
 misura diversificata, sul giudicato di  cui  trattasi,  al  quale  e'
 consentito  in taluni casi di spiegare i propri effetti, laddove ( ex
 art. 8 cit.) si consente  all'interessato  di  continuare  a  fruire,
 anche   a  fini  pensionistici,  di  un  trattamento  economico  piu'
 favorevole, mentre in altri lo si svuota completamente, laddove (  ex
 art.  10,  secondo  comma cit.) si prescrive il recupero che comunque
 deve avvenire, delle somme corrisposte fino al 1º luglio 1983.
    In questo senso e' stata applicata - come non poteva non  farsi  -
 la  disposizione  di  cui  all'art. 10, secondo comma, della legge n.
 425/1984, in quanto l'Amministrazione, edotta che l'interessato, " ex
 giudicato", come sopra precisato, aveva percepito importi retributivi
 a titolo di scatti di anzianita' ritenuti  spettanti,  ha  recuperato
 sulla  indennita'  di  buonuscita  del  ricorrente  la  somma  di  L.
 43.289.275 corrispostagli per il periodo  1º  luglio  1979-30  giugno
 1983.
    Nella  specie  lo  svuotamento totale del giudicato e' in re ipsa,
 avendo l'interessato dovuto restituire tutto il conseguito.
    La salvaguardia del giudicato,  del  diritto  di  difesa  e  della
 stessa  funzione  giurisdizionale,  limiti invalicabili per qualsiasi
 intervento legislativo  che  voglia  risultare  conforme  ai  dettami
 costituzionali  contenuti  negli  artt.  24,  25, 101, 102, 103 e 115
 della Costituzione - come ha sempre  riconosciuto  il  giudice  delle
 leggi  - mentre appare osservata dal disposto dell'art. 8 della legge
 n. 425/1984 che ha fatto uso, secondo uno schema tipico del  pubblico
 impiego,  del  solo  "riassorbimento",  appare invece disattesa - con
 conseguente violazione di  tutti  i  parametri  costituzionali  sopra
 ricordati, oltre che dello stesso art. 3 della Costituzione, da parte
 dell'art.  10,  secondo  comma,  della  stessa  legge che - almeno in
 taluni casi comporta  irreversibilmente  la  totale  restituzione  di
 somme   attribuite  nel  periodo  1º  gennaio  1979-30  giugno  1983,
 consentendo  all'Amministrazione  di  operare un equivalente recupero
 sulla indennita' di buonuscita.
    Per  le  considerazione  esposte,  le  delineate  questioni  vanno
 rimesse  alla Corte Costituzionale, restando sospeso il giudizio, con
 riserva di ogni ulteriore  statuizione  all'esito  della  risoluzione
 dell'incidente di costituzionalita'.